sabato 30 novembre 2013

Biennale d'arte, Venezia 2013: cos'è l'arte oggi.

La Biennale è una delle manifestazioni culturali più importanti al mondo, si svolge a Venezia ogni due anni e alterna architettura e arte. Quest'anno è stato il turno dell'arte, i giardini e l'arsenale di Venezia hanno ospitato 48 padiglioni, uno per ogni stato. I padiglioni esponevano opere del paese che rappresentavano, anche se il più delle volte capitava che il padiglione stesso consistesse in un'opera d'arte.
Si tratta ad esempio di quello dello stato di Israele in cui si poteva assistere ad uno spettacolo inquietante fin dall'ingresso. Al piano terra era presente un grosso buco apparentemente appena scavato, sulla parete di fronte era invece proiettato un video, in cui un apparente dj sembrava mixare delle voci urlanti. Solo al piano superiore si scopre che quelle voci erano state prodotte dagli artisti mentre scolpivano statue con i propri volti. Come un ragazzo all'ingresso ha spiegato, l'opera di Gilad Ratman rappresenta un viaggio fittizio di un gruppo di artisti che attraverso delle caverne sotterranee, partendo da Israele giungono a Venezia. Qui sbucano in una storta di laboratorio in cui devono lavorare con l'argilla i loro volti. Nell'argilla è inserito un microfono, mentre lavorano devono produrre i suoni primordiali dell'uomo prima che imparasse a parlare. Così il viaggio all'interno della caverna rappresenta la rinascita interiore dell'artista che si concretizza nella canzone da lui remixata. Quando l'intento è trasmettere un'emozione o un messaggio, l'arte oggi non ha limiti o categorie. Non si tratta infatti di un dipinto o di una scultura, è ascoltare quelle voci riprodotte ad alto volume all'interno di tutto il padiglione e contemporaneamente guardare quelle statue, a comunicare il grande senso di angoscia e il bisogno di rinascita.
Dire che i padiglioni stessi sono delle opere d'arte può essere inteso anche nel senso che le costruzioni stesse sono state disegnate da importanti e famosi architetti, alcuni sono antecedenti ancora alla prima guerra mondiale. Ed è così che recandomi alla Biennale fingendomi appartenente ad un gruppo di studenti di architettura per pagare il biglietto ridotto, ho potuto scoprire il fascino di queste costruzioni che loro avevano il compito di ricreare su carta, che altrimenti non avrei mai notato. Ed è mentre il mio gruppo di falsi colleghi era intento a disegnare che ho visitato ogni padiglione più volte, soffermandomi anche su quelli un po' meno divertenti in cui venivano mostrati diversi video in varie stanze e di cui il significato mi rimane ancora oscuro.
Uno dei padiglioni più apprezzati è stato quello del Belgio in cui veniva presentata l'enorme ed imponente opera dell'artista quarantottenne Berlinde de Bruyckere, scultrice d'avanguardia molto stimata dai critici contemporanei. Il padiglione appare molto buio, un'unica stanza al piano terra, dove si presenta quello che sembra un enorme albero abbattuto. Descrivere quest'opera che buca le pareti del padiglione e lo occupa interamente è difficile. I rami che si intrecciano sembrano delle ossa deformi per via del loro colore a tratti rosato. L'opera tratta riflessioni sulla condizione umana, sul sentirci esseri senza radici, fisiche e mentali, perennemente bisognosi e insoddisfatti.
Trascinati da una parte all'altra del mondo e posti davanti a mille opere differenti, spesso capita che a colpire di più siano quelle più assurde o spettacolari e che non sempre sono quelle più significative. In questo senso il padiglione della Russia si fa ricordare per la sua spettacolarità, l'utilizzo di persone vere per riempire e dare forma all'opera cattura per la sua immediatezza. Lo stato dell'est riproduce il mito di
Danae, secondo cui la dea sarebbe stata fecondata nel sonno da Zeus, trasformatosi in pioggia d'oro. E così l'artista Vadim Zacharov coinvolge turisti e visitatori dando loro ombrelli di plastica trasparenti per proteggersi da una pioggia di monete che viene fatta cadere dal soffitto del padiglione. L'essenziale caratteristica dell'opera è che i turisti possono essere solamente donne, questo perchè secondo l'artista gli uomini si macchiano troppo spesso di crimini contro la vita, per loro il denaro e la sete di ricchezza è molto più importante. Il significato richiama probabilmente quello dell'opera all'ingresso, in cui un uomo, a cavalcioni su un cornicione sbuccia delle arachidi facendo cadere per terra i gusci vuoti in un grande mucchio.
Di grande spessore artistico è anche l'opera presentata dagli Stati Uniti. Il padiglione si presenta già allestito all'esterno richiamando le opere presenti al suo interno, infatti un'impalcatura sbarra il consueto ingresso del padiglione in stile neo-palladiano, devia e attira l'attenzione del visitatore. Iniziando il percorso si entra in una sala in cui è presente un'enorme scultura, realizzata con tantissimi materiali diversi, sorretta da uno scheletro d'acciaio, che assume però la forma di una grande palla, in cui la concentrazione degli oggetti è maggiore all'interno e minore all'esterno. Il tutto da l'idea di un enorme scoppio. Camminando intorno all'opera possiamo vedere che essa si compone di utensili di uso quotidiano e di costruzioni particolari che utilizzano piccoli mulini con acqua e ventilatori. L'artista è la cinese-americana Sarah Sze, e tutta l'opera scultorea presente nel padiglione è chiamata “Triple Point”, dal nome fisico del momento in cui coesistono le tre fasi di una sostanza (liquida, solida e aeriforme). L'opera si compone di oggetti apparentemente messi a caso, è il caos infatti ciò che l'artista vuole trasmettere.

Si potrebbero riempire pagine e pagine descrivendo ciò che stava all'interno di ogni padiglione, ma la Biennale è molto di più dei padiglioni e delle mostre a Arsenale e Giardini. Nel periodo che va infatti dal primo di giugno al 24 novembre Venezia si riempie di mostre gratuite ed eventi. Una di queste che ha riscosso molto successo sul web è la mostra “Who is Alice?”, curata dall'artista Coreana Chu-young Lee. La mostra rievoca la favola “Alice nel paese delle meraviglie”, infatti viene riproposto un mondo immaginario e fantastico, come fosse un sogno, in cui i più importanti artisti coreani contemporanei espongono le loro opere, che variano da video, sculture, musica o dipinti. Sono diventate uno dei simboli della 55esima edizione della Biennale le ali di Xooang Choi costruite da un intreccio di trentotto mani molto realistiche che vanno a costruire quella che sembra una macchina del volo che porta Alice nel regno della fantasia e del sogno.
Il titolo di questa edizione “Il palazzo enciclopedico” deriva da quello di un'opera mai terminata dell'artista italo-americano Marino Auriti scappato al fascismo, aveva disegnato un enorme palazzo che avrebbe dovuto custodire tutte le conquiste dell'uomo. E mentre si passa da uno stato all'altro del mondo camminando attraverso i giardini della zona più panoramica e nascosta della città sommersa, sembra davvero di essere circondati da tutte le conquiste dell'uomo, oppressi da tutte le emozioni o le critiche che i nostri migliori artisti contemporanei hanno voluto comunicarci. Ma la cosa che colpisce di più è la volontà di evadere dagli schemi.
Quando si parte con l'idea di andare a vedere una mostra d'arte contemporanea si è sempre un po' prevenuti e spaventati per cosa si può trovare, forse cose pazzesche che la nostra mente abituata ai vecchi stili fatica a considerare arte, e si cade nella solita banale frase “ero capace anche io”. Visitando questa mostra si rimane invece colpiti da quanto le capacità manuali siano ancora molto importanti, a differenza di quello che si può pensare, il contenuto non ha ancora sovrastato la forma. Si possono vedere dipinti dall'elevato valore artistico, che anche i miei amici aspiranti architetti che non avevano colto il voluto allestimento dell'esterno del padiglione degli Stati Uniti, scambiandolo per un'impalcatura per il restauro, non hanno potuto ignorare. Accanto a queste si trovano però opere in cui semplicemente delle persone camminano e si mettono a sedere parlando, in cui l'opinione riguardo il valore dell'opera viene messo in dubbio.
Ma gli artisti di oggi non si devono scoraggiare, non è mai esistita un'epoca in cui artisti contemporanei fossero apprezzati e capiti. Forse perchè l'artista è quel folle genio che arriva più avanti della gente comune e le cui opere oggi snobbate, verranno un giorno studiate sui libri di storia dell'arte ed apprezzate dai futuri architetti. L'arte contemporanea non è più solo critica alla modernità ormai scaduta nel banale. Si tratta di opere concrete e astratte che nascondono il desiderio sempre forte degli artisti di trasmettere quello che hanno nel cuore attraverso mani, materiali e oggetti. Il messaggio spesso è difficile da cogliere, e da alcuni padiglioni si esce delusi del fatto che non si è capito il motivo dell'opera. Mentre guardando un quadro esposto al Louvre il messaggio arriva chiaro e tondo, visitando la Biennale, abbiamo bisogno di una spiegazione pronta che speriamo le guide addette riescano a fornirci, uno sforzo in più di immaginazione o l'umiltà di abbandonarsi semplicemente a quello che l'artista ha cercato di trasmettere rinunciando alla pretesa di capire quale fosse il vero messaggio e la reale intenzione. L'arte contemporanea mette lo spettatore sempre più nel ruolo di protagonista, l'opera non ha bisogno della vera interpretazione dell'artista, perchè questo regala all'osservatore un'emozione che può variare a seconda della persona che guarda, della sua storia e del suo carattere.
Il disegno di quello che sembra un'aquila che tiene tra gli artigli una macchina, esposto nel padiglione del Regno Unito colpisce per la sua imponenza, occupa infatti un'intera parete. Osservando attentamente lo sguardo dell'animale, non è davvero difficile cogliere l'idea della vendetta della natura sull'uomo che la usa a proprio piacimento senza curarsi dei danni. Il volantino consegnato all'ingresso spiga poi che si tratta di un'albanella reale, una specie protetta. Il principe William e un suo amico ne hanno probabilmente uccise alcune, ma la guardia forestale ha archiviato il caso perchè non sono mai stati ritrovati i cadaveri. E in questo caso la prima istantanea interpretazione non si sbagliava. Più difficili a comprendere sono le opere cinematografiche, video o filmati di vario genere che presentano progetti più vasti, come quello presentato all'interno del padiglione del Giappone, in cui l'artista ha messo in varie stanze gruppi di persone con il compito di realizzare un progetto. Alcuni dovevano tagliare i capelli, altri fare un poema e altri ancora comporre una canzone. Venivano filmati tutto il tempo e il loro primo dovere era la collaborazione. Questa che viene chiamata opera d'arte vuole studiare l'uomo come essere sociale destinato al lavoro collettivo. Opere come questa non sono effettivamente facili da concepire come arte.
Più in generale possiamo quindi concludere che la nostra opinione e il nostro stato d'animo dopo aver visitato la mostra di arte moderna della Biennale, dipenderanno da come partiamo, se saremo disposti a lasciarci sorprendere da cos'è l'arte oggi e non lasciarci sopraffare dal nervosismo per non essere riusciti a capire qualche opera, perchè artisti riconosciuti e ricompensati hanno fatto quello che manualmente anche noi saremmo stati in grado di fare. In ogni ambito e in ogni epoca ci sono ciarlatani e grandi artisti, non dobbiamo lasciare che quest'ultimi ci sfuggano, perchè non ci saremo più quando questi verranno citati nelle domande della terza prova all'esame di maturità.

venerdì 1 novembre 2013

Pareri degli estremisti islamici sul diritto alla guida delle donne in Arabia Saudita

Si è diffuso in questi giorni su youtube il video del comico arabo Hishaam Fageeh che prende in giro la protesta delle donne in Arabia Saudita per il diritto alla guida. Il video si basa sulla canzone “No woman, no cry” di Bob Marley, il cui titolo, riadattato si trasforma in “No woman, no drive”. La canzone, servendosi di frasi come “ricordo quando sedevi sul sedile posteriore” oppure “in questo brillante futuro non dimenticare il tuo passato” e incoraggiamenti perché la donna rimanga a casa a cucinare per il marito, vuole ironizzare sulle opinioni purtroppo parecchio diffuse tra i politici più conservatori. In realtà nello stato arabo non vige una vera e propria legge che vieti alle donne di guidare, ma semplicemente le patenti non vengono rilasciate alle donne per via della tradizione. Per protesta il 26 ottobre le donne che hanno conseguito una patente all'estero si sono date appuntamento con l'intenzione di guidare per svolgere le faccende quotidiane, come andare a fare la spesa, o portare i figli a scuola. La polizia locale religiosa ha iniziato a pattugliare le strade per trovare chi trasgredisce la legge, molte donne hanno comunque deciso di sfidare la religione e hanno pubblicato video di loro al volante, per invitare altre donne a fare lo stesso. Molte però non hanno avuto il coraggio di uscire di casa per via di telefonate di uomini che dicevano di essere del ministero e minacciavano rappresaglie. 
Quando è stato chiesto a Turki, primo ministro dell'Arabia Saudita, cosa sarebbe successo a chi avesse perseguito con l'intento di manifestare, lui ha risposto che la punizione avrebbe comportato minimo 5 anni di prigione. 
La campagna online aveva raccolto oltre 16.000 firme da settembre ed è stata chiusa a metà ottobre. Il parere dei cittadini maschi è uno solo, ed è contro la guida delle donne, per il semplice fatto che non ne hanno bisogno. Le donne possono benissimo andare dove vogliono e sono trattate come regine, insiste anche la canzone sovra citata. Hanno un autista o un uomo che le accompagna. In risposta a questo lo slogan delle donne Saudite è “noi vogliamo guidare perchè non c'è reagione per cui non potremmo farlo”. Anche se la maggior parte dei cittadini si sono espressi dicendo che il re Habdullah non ha contribuito abbastanza a frenare le manifestazioni, egli si è espresso contrario, per il semplice fatto che questo va a ledere la quiete pubblica. Amnesty International è intervenuta in difesa delle donne, considerando la legge religiosa dello stato come una discriminazione, aggiungendo che tutto questo va anche contro la reputazione del re. Nonostante ciò le donne stanno ancora guidando e postando video sui blog di loro al volante, soprattutto grazie al sostegno del blogger Ema Nafjan che ha incoraggiato la rivolta con la frase “la data del 26 ottobre è solo simbolica, le donne hanno già guidato prima e continueranno a guidare”. 

Non è la prima volta che le donne in Arabia Saudita manifestano per il diritto alla guida, nel 2011 una donna è stata frustata per aver violato il divieto e nel 1990 molte sono state processate e arrestate e alcune sono state private della loro professione e del passaporto. Ciò che vieta alle donne arabe di guidare non è una vera a propria legge, si tratta dell'interpretazione delle leggi religiose risalenti alla formazione dello stato, in cui si spiega che guidare danneggia ovaie e utero ed è quindi altamente pericoloso per le donne. Gli opinionisti delle televisioni arabe sono rimasti molto toccati dal tema, il famoso dottor Abd Al-Aziz Fawzan Al-Fawzan, critico della cultura occidentale e soprattutto della società Statunitense ha rilasciato un'intervista per Al-majd tv in cui dichiara che il problema fondamentale sta nell'influsso della cultura occidentale, su quella araba. Le donne vanno all'estero in vacanza e vorrebbero imitare il comportamento delle donne occidentali, ma una donna a cui non è permesso neanche di mostrare il proprio volto in pubblico non può assolutamente sperare di poter guidare. Nei Social Network dilagano invece opinioni che sostengono che permettere alle donne di guidare sia il primo passo verso il comunismo e la droga, la corruzione totale quindi dell'intoccabile popolo di Allah. Le donne arabe cercano di imitare il modello occidentale credendo di poter avere così maggiori diritti e di essere più libere. “Nessuna donna al mondo è mai stata più sottomessa della donna occidentale oggi” continua l'opinionista arabo. “Le donne dell'ovest possono guidare, e non hanno mai un uomo che le accompagna, possono lavorare ma in molti paesi il loro stipendio è più basso di quello degli uomini nonostante lavorino di più. Nei paesi occidentali le donne sono mescolate agli uomini, che possono scegliere la donna che preferiscono e con le caratteristiche che più lo aggradano, ma se non possono averla con le buone maniere la violentano. È questo il mondo a cui le nostre donne aspirano. Che strano! Più le donne hanno diritti legalmente, più vengono negati la dignità, l'onore e il rispetto che la nostra tradizione insegna”. La strada per un'apertura verso la cultura occidentale è ancora molto dura per chi è attaccato alla religione o ad un'interpretazione, a volte sbagliata, del testo sacro, considerato che uno degli slogan delle donne è “Dio non dice che non possiamo guidare”, il contrario di ciò che i più conservatori pensano. Ma una cosa che insegna lo studio della cultura araba è mettersi nei panni di chi si sta studiando. Stiamo parlando di una cultura che ha avuto uno sviluppo diverso dal nostro ma parallelo. E forse non è corretto considerare la nostra società come il gradino più alto del processo di evoluzione culturale a cui un giorno arriveranno anche loro. Anni di scuola e catechismo ci hanno portato a credere che la nostra cultura sia quella corretta e più avanzata e che loro abbiano davanti ancora molta strada dal punto di vista dei diritti umani, e probabilmente è davvero così. Ma come secoli di religione cristiana ci hanno portato a pensarla in un certo modo, la stessa cosa è avvenuta anche per loro. È perciò importante almeno comprendere un modo di pensare opposto al nostro che ha giustificazioni nella sua storia, anche se per come siamo stati educati ci sembra sbagliato.