La giornata internazionale della
lingua madre è una celebrazione indetta dall'UNESCO nel 1999 per il
21 febbraio di ogni anno per promuovere la diversità linguistica e
culturale e il multilinguismo.
È stata scelta questa data a
seguito degli eventi che si sono verificati a partire dal 21 marzo
1948 quando l'allora governatore del Pakistan (che comprendeva anche
il Bangladesh) dichiarò che l'Urdu sarebbe diventata la lingua
ufficiale di tutto il Pakistan, anche se la maggior parte della
popolazione parlava Bengali. Il 21 febbraio 1952 un gruppo di
studenti del Bengala perse la vita in uno scontro con le forze
dell'ordine che volevano imporre l'urdu. Furono questi avvenimenti
che scatenarono nel cuore di ogni Bengalese il sentimento patriottico
che portò poi alle lotte per l'indipendenza.
La giornata mondiale della lingua
madre nasce quindi dal ricordo di un dovuto rispetto per le minoranze
etniche e linguistiche e per cercare di preservare le lingue che si
stanno estinguendo.
In Bangladesh il 21 febbraio è
celebrato con manifestazioni che hanno luogo presso il “monumento
dei martiri della lingua”. Allo scoccare della mezza notte ha
inizio una processione capitanata dal primo ministro, la gente lo
segue con fascette nere al braccio in segno di lutto e mazzi di fiori
da depositare all'arrivo presso il monumento. Una volta arrivati, il
primo ministro, recita un discorso in cui ricorda i martiri della
libertà e le sue parole sono ricche di speranza per un futuro libero
da sfruttamento e verso una nuova emancipazione economica.
L'anno scorso la giornata mondiale
della lingua madre si è celebrata anche a Roma in cui l'ambasciatore
del Bangladesh a chiesto che venisse fatta una commemorazione simile
a quella Bengalese, per gli studenti stranieri in Italia, e perchè
anche da noi si venisse a sapere di questa giornata dove si da grande
valore e importanza alle minoranze la cui lingua sta scomparendo.
Le lingue sono ciò che ci
distingue dagli altri paesi, dalle altre culture. È il suono che fa
la nostra voce quando vogliamo comunicare con un altro essere umano.
La melodia che segue è la nostra lingua, ricca di termini che ci
ricordano la nostra terra e i nostri antenati. Si chiama “lingua
madre”, la prima lingua che parliamo, come a ricordare chi ce l'ha
insegnata, chi per primo ci ha aperto la porta verso la comunicazione
e l'interazione con gli altri esseri umani.
La lingua madre è la parte della
nostra cultura che non può andare persa e dimenticata nell'arco di
tempo di una vita umana, ed è quella cosa che sentiamo preziosa più
che mai quando siamo in un paese straniero.
Proviamo una strana sensazione di
calore e di conforto quando in mezzo a tanta gente che parla una
lingua in cui per capire è anche solo necessario concentrarsi,
sentiamo all'improvviso un suono così familiare che non abbiamo
bisogno di alcuno sforzo di comprensione perchè segue il ritmo dei
nostri pensieri.
Così la lingua è il nostro più
grande e solido bagaglio culturale come la più grande e solida
barriera verso coloro che non ci comprendono. Se ci troviamo soli in
un paese straniero la cui lingua è per noi incomprensibile potremo
ben comprendere cosa significa la solitudine, perchè anche se nel
nostro immaginario riusciamo a cavarcela un minimo con gesti e
qualche parola di inglese, nella realtà richiede troppo sforzo per
le altre persone comunicare con qualcuno che fatica a capirle e
preferiscono conversare con i loro conterranei.
Ci vuole grande coraggio e forza
di volontà per imparare ad interagire con le persone da zero, per
tornare a quando eravamo bambini e sapevamo solo poche parole e
dovevamo urlare e piangere per attirare l'attenzione e farci capire.
Lo sanno i ragazzi che partono per gli erasmus, o che vanno a
lavorare per qualche tempo all'estero per imparare una nuova lingua.
“L'inglese,
il francese, il russo, il cinese sono insostituibili per i popoli che
le parlano e la loro ricchezza deve essere preservata. Ma queste
lingue non sono adatte per la comunicazione internazionale.” Recita
questa frase un volantino che dei ragazzi mi hanno lasciato durante
la marcia della pace del 2010. il volantino pubblicizzava
l'Esperanto, la lingua creata artificialmente che prende ispirazione
da tutte le lingue europee e che dovrebbe essere, secondo i suoi
sostenitori, la lingua del futuro.
“L'esperanto
è la lingua equa, è stato lanciato circa 120 anni fa per consentire
una comunicazione paritaria tra persone di madrelingua diversa.
Indipendente da poteri politici o economici, al di fuori da interessi
privati, l'esperanto appartiene a tutti. Aperto a tutte le culture,
permette di comunicare alla pari evitando qualsiasi discriminazione.
È per questo che l'Unesco la raccomanda agli stati membri.
Chiara, precisa, ricca di
sfumature, espressiva e senza declinazioni complicate né verbi
irregolari l'esperanto è una lingua semplice e logica”. Continua
il volantino, che tenta di convincere i suoi lettori della
convenienza e bellezza di adottare una lingua inventata dal nulla,
che non ha radici, storie e affascinanti eredità di un tempo morto e
passato e che nessuno sarebbe mai in grado di sentire propria.
L'idea di una lingua che batte
ogni barriera, l'idea di una lingua del mondo, offusca il brivido che
proviamo nel leggere poesie e libri di scrittori italiani morti da
secoli e scoprire che riescono ancora a comunicare, anche con noi.