martedì 25 marzo 2014

La giornata mondiale della lingua madre

La giornata internazionale della lingua madre è una celebrazione indetta dall'UNESCO nel 1999 per il 21 febbraio di ogni anno per promuovere la diversità linguistica e culturale e il multilinguismo.
È stata scelta questa data a seguito degli eventi che si sono verificati a partire dal 21 marzo 1948 quando l'allora governatore del Pakistan (che comprendeva anche il Bangladesh) dichiarò che l'Urdu sarebbe diventata la lingua ufficiale di tutto il Pakistan, anche se la maggior parte della popolazione parlava Bengali. Il 21 febbraio 1952 un gruppo di studenti del Bengala perse la vita in uno scontro con le forze dell'ordine che volevano imporre l'urdu. Furono questi avvenimenti che scatenarono nel cuore di ogni Bengalese il sentimento patriottico che portò poi alle lotte per l'indipendenza.
La giornata mondiale della lingua madre nasce quindi dal ricordo di un dovuto rispetto per le minoranze etniche e linguistiche e per cercare di preservare le lingue che si stanno estinguendo.
In Bangladesh il 21 febbraio è celebrato con manifestazioni che hanno luogo presso il “monumento dei martiri della lingua”. Allo scoccare della mezza notte ha inizio una processione capitanata dal primo ministro, la gente lo segue con fascette nere al braccio in segno di lutto e mazzi di fiori da depositare all'arrivo presso il monumento. Una volta arrivati, il primo ministro, recita un discorso in cui ricorda i martiri della libertà e le sue parole sono ricche di speranza per un futuro libero da sfruttamento e verso una nuova emancipazione economica.
L'anno scorso la giornata mondiale della lingua madre si è celebrata anche a Roma in cui l'ambasciatore del Bangladesh a chiesto che venisse fatta una commemorazione simile a quella Bengalese, per gli studenti stranieri in Italia, e perchè anche da noi si venisse a sapere di questa giornata dove si da grande valore e importanza alle minoranze la cui lingua sta scomparendo.
Le lingue sono ciò che ci distingue dagli altri paesi, dalle altre culture. È il suono che fa la nostra voce quando vogliamo comunicare con un altro essere umano. La melodia che segue è la nostra lingua, ricca di termini che ci ricordano la nostra terra e i nostri antenati. Si chiama “lingua madre”, la prima lingua che parliamo, come a ricordare chi ce l'ha insegnata, chi per primo ci ha aperto la porta verso la comunicazione e l'interazione con gli altri esseri umani.
La lingua madre è la parte della nostra cultura che non può andare persa e dimenticata nell'arco di tempo di una vita umana, ed è quella cosa che sentiamo preziosa più che mai quando siamo in un paese straniero.
Proviamo una strana sensazione di calore e di conforto quando in mezzo a tanta gente che parla una lingua in cui per capire è anche solo necessario concentrarsi, sentiamo all'improvviso un suono così familiare che non abbiamo bisogno di alcuno sforzo di comprensione perchè segue il ritmo dei nostri pensieri.
Così la lingua è il nostro più grande e solido bagaglio culturale come la più grande e solida barriera verso coloro che non ci comprendono. Se ci troviamo soli in un paese straniero la cui lingua è per noi incomprensibile potremo ben comprendere cosa significa la solitudine, perchè anche se nel nostro immaginario riusciamo a cavarcela un minimo con gesti e qualche parola di inglese, nella realtà richiede troppo sforzo per le altre persone comunicare con qualcuno che fatica a capirle e preferiscono conversare con i loro conterranei.
Ci vuole grande coraggio e forza di volontà per imparare ad interagire con le persone da zero, per tornare a quando eravamo bambini e sapevamo solo poche parole e dovevamo urlare e piangere per attirare l'attenzione e farci capire. Lo sanno i ragazzi che partono per gli erasmus, o che vanno a lavorare per qualche tempo all'estero per imparare una nuova lingua.
L'inglese, il francese, il russo, il cinese sono insostituibili per i popoli che le parlano e la loro ricchezza deve essere preservata. Ma queste lingue non sono adatte per la comunicazione internazionale.” Recita questa frase un volantino che dei ragazzi mi hanno lasciato durante la marcia della pace del 2010. il volantino pubblicizzava l'Esperanto, la lingua creata artificialmente che prende ispirazione da tutte le lingue europee e che dovrebbe essere, secondo i suoi sostenitori, la lingua del futuro.
L'esperanto è la lingua equa, è stato lanciato circa 120 anni fa per consentire una comunicazione paritaria tra persone di madrelingua diversa. Indipendente da poteri politici o economici, al di fuori da interessi privati, l'esperanto appartiene a tutti. Aperto a tutte le culture, permette di comunicare alla pari evitando qualsiasi discriminazione. È per questo che l'Unesco la raccomanda agli stati membri.
Chiara, precisa, ricca di sfumature, espressiva e senza declinazioni complicate né verbi irregolari l'esperanto è una lingua semplice e logica”. Continua il volantino, che tenta di convincere i suoi lettori della convenienza e bellezza di adottare una lingua inventata dal nulla, che non ha radici, storie e affascinanti eredità di un tempo morto e passato e che nessuno sarebbe mai in grado di sentire propria.

L'idea di una lingua che batte ogni barriera, l'idea di una lingua del mondo, offusca il brivido che proviamo nel leggere poesie e libri di scrittori italiani morti da secoli e scoprire che riescono ancora a comunicare, anche con noi.