Martedì 3 dicembre è uscito solo per un giorno il film di Vinicio Capossela, diretto da Andrea Segre “Indebito”, in cui il cantautore porta sullo schermo la grave situazione greca raccontata dalle voci dei musicisti dei pub. La loro musica è la loro forma di protesta, si fanno chiamare Rebetes, dal turco “ribelli”.
Il Rebetiko è uno stile
musicale greco, risalente ai primi del novecento, si tratta di
ballate e canzoni che narrano il disagio dei più emarginati, si
parla d'amore, di droga, di povertà e di prostituzione. Come uno dei
protagonisti del documentario spiegava, la musica Rebetes si discorda
dalla musica pop americana per il fatto che racconta storie vere, in
cui un tempo il popolo greco si immedesimava. Si tratta infatti di un
nuovo approccio a questo tipo di musica che gli artisti greci
contemporanei ripropongono, come forma di protesta alla crisi e per
raccontare ancora una volta la storia della loro povertà. Capossela
aveva già conosciuto la musica greca con l'uscita dell'ultimo album
“Rebetiko Gymnastas” in cui il musicista italiano ripropone in
chiave Rebetiko alcuni dei suoi grandi successi. L'album è
registrato ad Atene, una delle ambientazioni dove è anche girato il
documentario. Le strade tristi e deserte della città sono l'immagine
perfetta che accompagna la colonna sonora che è il vero corpo
centrale del film. Il documentario è infatti un susseguirsi di
canzoni Rebetes cantate e suonate dagli artisti nei bar di Atene, a
cui si alternano le loro storie e le loro emozioni, raccontate di
musicisti stessi. Mantenere i dialoghi in lingua originale rende più
reale la narrazione, ciò che dicono è incomprensibile per qualunque
Italiano che non abbia mai studiato la lingua greca per via della
totale differenza di lessico e forma, ma il loro tono e la loro
espressività che fa sembrare quello che parlano quasi un vecchio
dialetto, è rude e reale e aiuta l'immedesimazione nelle loro
storie, rende più viva ed affascinante l'atmosfera, ciò che
caratterizza davvero questo film. Mentre le canzoni parlano di amori
finiti male le inquadrature incontrano i cartelli “affittasi” e
“svendita” appesi davanti alle porte dei negozi, e i magnifici
panorami della città storica. Il film si presenta come il viaggio di
Capossela in Grecia, che come uno studioso annota sul suo diario ogni
emozione, profumo o sensazione con cui si imbatte durante il suo
girovagare notturno per le strade. Le sue riflessioni accompagnano
tutto il film, che non ha bisogno di spiegazioni per via della
potenza delle immagini che inquadrano una volta un enorme murales,
una volta un venditore di arachidi e noccioline che ne regala un
sacchetto a un passante per pochi spiccioli.
Vinicio raccoglie le
opinioni della gente comune sulla crisi economica, sul capitalismo,
sulla situazione politica. Il crollo economico della Grecia non si
ferma alla penisola ma contagerà tutta l'Europa che seguirà il suo
esempio verso il declino, questo è quello che l'autore vuole
comunicare.
Ma l'opera del cantautore
è uno studio dello stile musicale, del loro modo di cantare, degli
strumenti musicali che utilizzano. È tutto il frutto dell'incontro
tra la cultura occidentale e quella orientale, soprattutto turca, la
loro musica, immagine del paese stesso. Ed è mentre sorseggia il
denso caffé turco, immagina che esso racconti la sua storia e che in
quella miscela si riflettano i suoi pensieri. Ad esempio il fatto che
la musica è come il polline, che va di fiore in fiore a cogliere la
cultura dei diversi stati e delle diverse nazioni e permette la
nascita di nuove canzoni e nuove emozioni.
L'artista canta insieme
ai ribelli, accompagnato dal suo piccolo baglamas, lo strumento
musicale che i Rebetes nascondevano in prigione, che dice contenere
le anime degli antenati Rebetes, che gli trasmettono canzoni di un
tempo passato. Il suo diario, il tefteri, quello su cui i negozianti
segnano i debiti e il baglamas lo accompagnano
per strada, nei bar, sulla spiaggia e sulle colline per tutta la
durata del viaggio.
“Tutto questo per cercare di pareggiare la voce credito a quella debito nel libretto del “tefteri“, che una volta aperto diventa di chi ci guarda dentro. A quel punto si diventa tutti responsabili, o come diceva De André, si è tutti coinvolti. Perché, per usare le parole di Mistakidis, uno dei nostri “intervistati”, la vera scelta politica oggi non è suonare Rebetiko, ma ascoltarlo.”
Spiega Capossela nelle note d'autore, parlando del film che è stato presentato al cinema Anteo di Milano, in diretta lo stesso 3 dicembre.